| Romagna - Ultras, sale la tensione in Romagna Tra tifosi cesenati e riminesi, protagonisti in queste ultime settimane di ripetuti scontri, la partita resta ancora aperta. Colpa di uno sgarbo che parte da lontano e da una violazione del codice ultras che impone una reazione. Forse tra pochi giorniCESENA E RIMINI - Per i carneadi del calcio, quelli che le curve le hanno viste solo in tivù, gli scontri tra tifoserie rivali sembrano non avere alcuna relazione tra loro, come se il "rito" della battaglia non avesse alcun movente, se non quello di sfogare la becera inciviltà dei suoi crociati con la sciarpetta. In realtà, nel micro-cosmo degli ultras, gli scontri tra tifoserie sono vincolati in modo ferreo dal principio di "azione e reazione" ed i bersagli non sono mai casuali. Così si spiega, oltre che per ataviche ragioni campanilistiche, il rancore che unisce a doppio filo le curve di Cesena e Rimini, al centro - in queste ultime settimane - di una preoccupante escalation di violenze.
La recrudescenza degli episodi, nell'inquietante rosario di rappresaglie urbane, nasce nell'ultima trasferta disputata lo scorso anno dal Cesena a Pro Sesto, squadra che gioca le sue partite casalinghe al sabato. Nelle giornate di sabato però si disputa anche il campionato di serie B, ed il 21 marzo, il caso ha voluto che il Rimini giocasse in trasferta a Mantova. Nulla di strano se non che, per questo singolare intreccio del calendario, ultras cesenati e riminesi si sono ritrovati insieme in autostrada sulla via del ritorno.
I tifosi in genere, quando viaggiano in automobile, esibiscono le sciarpe ed i propri vessilli durante i tragitti, ed è per questo che alcune vetture, quel sabato, si sono riconosciute. Alcuni tifosi biancorossi, raccontano le cronache della curva, lampeggiando con gli abbaglianti, hanno ripetutamente sfidato gli ultras bianconeri, invitandoli ad arrestarsi in una piazzola.
Il buon senso, per fortuna, in quell'occasione, ha avuto la meglio e, anzichè fronteggiasi barbaramente in autostrada, i tifosi hanno tirato dritto, limitandosi a gesti incivili ed insulti attraverso il finestrino delle rispettive vetture. Ma l'alterco non si è esaurito lì. All’altezza del casello autostradale di Cesena, infatti, pare che una ventina di tifosi biancorossi siano usciti dall'autostrada, dirigendosi verso il bar Bombonera, tradizionale ritrovo dei tifosi cesenati durante le partite casalinghe (il locale si trova proprio sotto la "Curva Mare").
I pochi clienti del bar presenti in quel momento, intuendo il rischio della rissa, si sono chiusi dentro e - sempre secondo il racconto di alcuni ultras cesenati - i tifosi biancorossi hanno incominciato a prendere a sassate il bar, mandando in frantumi una delle vetrate. Sono state lanciate anche alcune sedie contro quei 3 o 4 tifosi cesenati presenti al di fuori del locale. Bilancio dei tafferugli: qualche contuso, ma nessuno ha sporto denuncia e tutto - secondo quanto impone il codice degli ultras - è finito sotto traccia. Ma non dimenticato.
L'episodio ha infatti riacceso la miccia di rivalità, in fondo, mai sopite. La risposta a questa provocazione è avvenuta poche settimane fa, quando alcuni tifosi bianconeri della vecchia guardia (sezioni di Cervia e Cesenatico), si sono "accordati" via telefono con i riminesi per nuovo uno scontro, da celebrarsi rigorosamente sul territorio riminese.
Detto e fatto: ci si è scontrati senza clamore, senza l’intervento della polizia e senza denunce o derive legali e anche chi è ricorso alle cure del pronto soccorso, fedele al codice d'onore delle curve, non ha mai menzionato il "regolamento di conti". La storia pareva finita lì e, invece, l'episodio ha portato all'emulazione da parte di ultras cesenati più giovani che, pochi giorni fa - come hanno raccontato le cronache - si sono nuovamente presentati a Rimini. Questa volta però gli accordi non sono stati rispettati e ad aspettare i bianconeri c’erano mazze da baseball e caschi integrali.
Essendo giovani e non avvezzi alla violenza di certi scontri, i novizi - davanti alle legioni "armate" biancorosse - sono scappati abbandonando alcuni compagni al loro destino. Il bilancio finale è noto: un tifoso cesenate rimasto a terra ferito al quale va aggiunto il furto di un portafoglio e della motocicletta.
La rapina, se non riguarda sciarpe e striscioni, non è contemplata nel codice ultras. Quell'episodio, dunque, ha violato una regola e quella violazione, secondo l'orgoglio ultras, non può restare impunita. E' probabile, dunque, che gli ultras cesenati, per lavare quell'onta, stiano meditando una reazione "scorretta" dove - avverte qualcuno - si rivedranno ancora le spranghe. Così impone questo codice che pare folle e che, forse, folle è, ma che pur derogando da qualsiasi forma di civiltà, conserva una sua coerenza.
Già dalla metà degli anni ’90, del resto, agli scontri "casuali" fuori dagli stadi si sono aggiunti quelli "su appuntamento" tutt’ora in voga. Sembra impossibile, ma oggi si organizzano gli scontri via telefono oppure on line attraverso le chat dei siti web delle varie tifoserie, lontano dallo stadio e in orari impensabili.
I leader dei gruppi - e non fanno eccezione quelli di Rimini e Cesena - si accordano sul numero dei partecipanti, sul luogo dove avverrà lo scontro e soprattutto s’impegnano a picchiarsi a mani nude, fatto che sigilla quella forma di rispetto e di lealtà che il codice ultras è costretto a garantire tra chi si sente o vuole sentirsi tale.
Nel caso di tifoserie territorialmente vicine, spesso accade che amici comuni facciano da tramite per accordarsi su eventuali incontri, per recapitare messaggi o le solite minacce. Paradossale poi sono i brevi dialoghi quando, prima di scontrarsi a pochi metri gli uni dagli altri, viene ribadito il non utilizzo delle fibie della cintura, di bottiglie di birra e tanto meno di spranghe a dimostrazione di un vero e proprio codice di regolamentazione e di rispetto.
L’unica parola d’ordine in quei momenti è "convinti", che sta a significare che fare un passo indietro è un'azione assolutamente deplorevole, un gioco di forza psicologico che, a volte, permette a pochi - inspiegabilmente - di tenere in scacco decine di persone. Quando ciò accade aumenta il livello di stima e di rispetto che sia i compagni che gli stessi avversari sono costretti a concedere ai "coraggiosi".
Stesso discorso per i trofei di "guerra" rubati durante gli scontri; sciarpe o striscioni sono, infatti, considerati un feticcio fondamentale per ristabilire nuovamente quella supremazia che obbligherà i rivali ad una risposta sul campo. La frustrazione di fronte ad un attacco al quale non hai saputo contrapporre un'onorevole difesa, per qualcuno, può essere insostenibile. Ancor peggio quando si è costretti alla fuga, considerata per un ultras la cosa più indegna da sopportare. La partita a ping pong, quindi, tra ultras cesenati e riminesi, non è ancora finita.romagnanoi.it
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