| Lega Pro, prime indiscrezioni sui ricorsiSebbene manchi l’ufficialità (che verrà pronunciata nella giornata di domani dal Consiglio federale) iniziano ad emergere le prime indiscrezioni sulle squadre bocciate e quelle che risulterebbero ammesse ai prossimi campionati di Prima e Seconda Divisione. Uno dei casi più spinosi era quello rappresentato dalla Salernitana. La società del presidente Lombardi, pare sia stata giudicata idonea all’iscrizione in Prima Divisione (anche se potrebbe partire con alcuni punti di penalizzazione). Anche la Cavese, in extremis, pare abbia superato il minuzioso controllo degli ispettori. Grossi rischi per il Figline, secondo indiscrezioni da considerare fuori. In Seconda Divisione dovrebbe avercela fatta la Sangiovannese, mentre il cartellino rosso potrebbe essere esposto per Pro Vercelli, Rodengo, Sangiustese e Villacidrese. Queste le indiscrezioni raccolte finora, su alcune delle società che in queste ore sperano di ricevere un parere positivo, che significherebbe salvezza. Delle altre squadre in bilico al momento non si hanno notizie ed è necessario attendere le prossime ore per cercare di capirne la sorte. Squadre appese a un sottile filo di speranza e altre meno impelagate, ma pur sempre a rischio. La giornata di domani sarà decisiva per tutte e sicuramente assisteremo a qualche altro colpo di scena, sia in positivo che in negativo.Stefano Cordeschi – www.calciopress.netRiformare la Lega Pro, ora o mai piùSono giorni infernali, quelli che stanno vivendo in Lega Pro i tifosi delle 8 squadre già cancellate e delle 28 bocciate temporaneamente dalla Covisoc che rischiano di non essere ammesse. Un evento che si ripete da qualche anno a questa parte con puntualità svizzera, mai però con dimensioni così eclatanti come stavolta, per non aver avuto la forza (il coraggio?) di mettere mano a un calcio italiano da rifondare. Se ne è accorto finalmente anche il presidente della Figc, Giancarlo Abete, che il nostro calcio non sta più in piedi. Tutti adesso parlano di riforma dei campionati. Ma, oggi, c’è poco da chiudere i cancelli. I buoi sono scappati e riprenderli sarà un’impresa ardua. Per troppi anni siamo stati orbi, pervicacemente impegnati a zappare l’orticello di casa, incuranti delle tempeste che devastavano i campi altrui. C’è addirittura chi ha gioito per questo e che, oggi, piange sul proprio raccolto andato a male per la grandinata che in questa occasione lo ha colpito in prima persona. Non vorremmo passare per coloro che dicono “lo avevamo previsto”. Il fatto è che le battaglie combattute da Calciopress perchè tutti aprissero finalmente gli occhi (fa fede l’archivio degli articoli) e ci si decidesse a varare una vera riforma dei campionati soprattutto in Prima e Seconda Divisione di Lega Pro (dove vivacchiano 90 club) vedono scendere adesso in campo nomi ben più illustri dei nostri. Di cosa si parlerà il 16 luglio, quando il Consiglio federale sancirà lo stato pre-agonico della terza e quarta serie nazionale denunciato due giorni fa dal presidente della Lega di Firenze Mario Macalli? Si deciderà, almeno per quanto riguarda la Lega Pro, un drastico ridimensionamento numerico delle squadre partecipanti? Oppure ci sarà ancora qualcuno che continuerà a pensare esclusivamente a zappettare il suo orticello? Ci sarà la vera volontà di cambiare realmente le cose o si penserà ancora una volta a vivacchiare, in attesa della fine? E’ questo quello che si chiedono club ormai alla canna del gas e, con loro, i tifosi che ne condividono la sorte. Sono loro i primi a chiedere di cambiare le cose, che non vogliono più vivere più estati drammatiche trascorse attaccati al telefono o a qualche sito web per sapere di che morte morirà la propria fede. Serve una scossa oggi per dare nuova vita, domani, a un calcio che non ha più ragione di esistere a queste condizioni. E’ il momento di prendere decisioni importanti e ferme, anche impopolari se si vuole. L’occasione di partire dalle fondamenta, dal calcio cosiddetto minore della vecchia serie C, è a portata di mano. Chi gestisce il calcio italiano non può non cogliere questa occasione e non assumersi la responsabilità di mettere mano a un sistema che non regge più ormai da anni. Siamo spossati da questo calcio che non c’è. Chi deve assumersi le sue responsabilità, se le assuma una volta per tutte. E lo faccia adesso. Se non se la sente, sarebbe bene rassegnare le dimissioni e lasciare ad altri l’infausto compito.Stefano Cordeschi & Sergio Mutolo – www.calciopress.netIl grande bluff della Lega ProTempus inesorabile fugit. Quando nell’assemblea del 19 giugno 2008 il presidente Mario Macalli cancellò la vecchia serie C per sostituirla con la nuova Lega Pro, non si aspettava certo a due anni di distanza di trovarsi in pieno marasma. Con un semplice maquillage Macalli aveva cassato la C1 e la C2, sostituendole con la Prima e la Seconda Divisione. Dopo ventiquattro mesi, il castello di carte costruito a tavolino si sta paurosamente sfaldando. Il “cambiamento epocale” promesso non è stato realizzato. Di una categoria organizzata “sul modello delle leghe inglesi” non si è mai vista traccia. Nessuno dei problemi che assillavano la vecchia serie C ha trovato una soluzione. Al contrario. L’istituzione della Lega Pro ha segnato l’inizio della fine. Oggi la Lega di Firenze esce dall’oscuramento mediatico in cui è stata confinata per anni e si pone all’attenzione generale per uno sfascio senza precedenti nella storia del calcio italiano. Sono 36, sulle 90 aventi diritto, le società rimaste intrappolate nel sistema delle Licenze nazionali varato dal nuovo statuto federale della Figc di Giancarlo Abete. Il 40% dei club rischia di non essere ammesso ai campionati di competenza. Di questi 17 (il 20%) sono già esclusi, per non aver presentato la domanda di iscrizione il 30 giugno o quella di ricorso il 10 luglio. Dati inquietanti. La Lega Pro è letteralmente a pezzi. Finchè a decidere i destini di una categoria da lustri alla canna del gas era solo la Covisoc, le società si sono in qualche modo arrabattate. Nel momento in cui sono scese in campo la Commissione Criteri Infrastrutture e la Commissione Criteri Oganizzativi, organi di controllo che richiedono requisiti professionistici a tutto tondo, è come se il bluff messo in piedi da una Lega inadeguata rispetto ai tempi e ai problemi incombenti fosse stato improvvisamente svelato. Nessuno aveva in mano le carte giuste per vincere questa partita. Quali i nodi irrisolti? I 90 club iscritti hanno, in gran parte, difficoltà economiche croniche. Le crisi e i fallimenti in corsa si sprecano, falsando l’esito dei gironi spesso affidato alle decisioni della Giustizia sportiva e alla buona sorte. Le classifiche, in certi momenti del campionato, sono solo un’opinione. Gli impianti sono fatiscenti. Obbligano a veri e propri salti mortali per disputare regolarmente le partite di campionato. I divieti di trasferta si sprecano. In buona sostanza, il modello inglese vaticinato da Macalli per Lega Pro non è mai partito. Ticketing? Marketing? Sponsorizzazioni? Solo scatole vuote in terza e quarta serie nazionale. Viene da chiedersi se il presidente Macalli, che il 19 giugno 2008 parlava di leghe inglesi, sia mai stato in uno stadio della Football League 1 e 2 (corrispettivi della nostra Prima e Seconda Divisione). Come si possa pensare oggi ai ripescaggi, partendo da queste premesse, è un mistero glorioso. Il problema di fondo resta uno solo. Per la serie C (o Lega Pro che dir si voglia) non è mai stata individuata una mission che desse un senso ai campionati, che hanno finito per avvitarsi su se stessi travolti dalla crisi economica generale e dalla inarrestabile deriva del calcio italiano. Tracciare la strada da percorrere è il presupposto per affrontare qualunque viaggio. Si tratta, oggi, di avere il coraggio di rifondare una categoria sprovvista di una sua propria identità. I vertici federali – e non solo il presidente Macalli – devono avere la forza di cominciare a cambiare il calcio italiano partendo dalle sue logore fondamenta. Occorre la lungimiranza di tagliare drasticamente le società iscritte alla Lega Pro, limitandole a un numero che consenta i controlli e le certificazioni che stanno alla base di un risultato sportivo basato su criteri di lealtà (verifica dei bilanci, idoneità degli impianti, rispetto scrupoloso delle regole, equa distribuzione delle risorse, sussidiarietà e quant’altro). Si deve provare a ricostruire una serie C che funga da vivaio per le categorie superiori e da collante per un contesto che possa tornare a riempire gli stadi della propria città (come era una volta). Tutto il resto, per dare un futuro sostenibile al calcio italiano, andrebbe trasferito nei campionati dilettantistici. Esattamente come è stato fatto, da e per tempo, in Inghilterra. Mentre in Italia gli anni volano e non succede nulla di nulla. Tempus inesorabile fugit. Sergio Mutolo – www.calciopress.net
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