| VERSO UNO SCIOPERO FOLLE Associazione calciatori e Lega non firmano l’accordo C’è uno spiraglio Alessandro Fiesoli LA LEGA non firma, a grandissima maggioranza (18 a 2) l’assemblea dei club di serie A ha scelto la linea dura, ha ribadito il suo no al testo in discussione dell’accordo collettivo dei giocatori, e Damiano Tommasi, il presidente del sindacato calciatori, in risposta ha confermato lo sciopero in programma per la prima giornata di campionato: «Al momento non ci sono le condizioni perchè si giochi». Muro contro muro, al termine di una bollente giornata di riunioni e di polemiche a Roma, fra la sede della Federcalcio e quella della Lega, per la delusione e lo sconcerto del presidente federale Abete, che da mesi sta cercando, senza effetto, una mediazione: «Essere ottimisti con questi chiari di luna diventa difficile, bisogna essere realisti, è un braccio di ferro incomprensibile, comunque abbiamo l’obbligo di non arrenderci». Abete ha convocato un altro consiglio federale per stamani, nel tentativo di arrivare a una conciliazione in extremis, dopo un’altra notte di contatti e telefonate. «Faremo ulteriori approfondimenti, ma se non ci saranno le condizioni, lascerò agli atti la posizione ufficiale della federazione», ha fatto sapere. Brutta, pessima situazione. I motivi dello scontro restano l’articolo 4 (chi deve pagare il contributo di solidarietà?) e l’articolo 7, quello sul trattamento per i giocatori ’fuori rosa’. Il secondo è in discussione da dicembre, era stata raggiunta un’intesa, garante Abete, sottoscritta dall’Aic ma rigettata nel tempo dalla Lega, fino alla chiusura di ieri. E’ una questione di diritti e non di soldi, in questo i calciatori hanno anche il sostegno di Abete, ma la Lega è intransigente («Meno responsabile dell’Aic», la dura critica dall’interno di Cellino, uno dei due che ha votato sì, con il Siena) e sembra chiaro che i presidenti vogliano prendere spunto da questo articolo 7, conteso al di là della sua reale importanza, per ridiscutere e riscrivere tutto l’accordo con i calciatori. Al problema dei ’fuori rosa’, si è aggiunto negli ultimi giorni quello del contributo straordinario di solidarietà, il 5% sui redditi oltre i 90 mila euro, il 10% a partire dai 150 mila. «Eventuali contributi straordinari, saranno comunque esclusivamente a carico dei giocatori», chiede che venga messo per scritto la Lega. Tommasi, da parte sua, non ha detto che i giocatori non hanno intenzione di non pagare. «Ma va chiarito nel contratto», insiste la Lega. E qui sono in ballo molti soldi. Il caso nasce perché gran parte dei contratti, soprattutto quelli dei giocatori più importanti e più pagati, sono stati fatti firmare al netto. Dipenderà anche dal testo finale della manovra. E’ già intervenuto il ministro Calderoli: «Ho già predisposto due emendamenti, per far pagare ai giocatori e non alle società il prelievo e per raddoppiarlo, se insistono nella volontà di scioperare, ma questo secondo sono pronto a ritirarlo». E’ sempre più scontro, in un calcio sempre più lontano dalla comprensione dei tifosi.
Cosa vogliono i calciatori L’AIC (associazione calciatori), presieduta dall’ex giocatore della Roma e della nazionale Damiano Tommasi (nella foto), chiede che la Lega firmi l’accordo collettivo. Il nodo riguarda i giocatori ’fuori rosa’, e l’Aic chiede l’applicazione dell’articolo 7 del vecchio contratto collettivo. Questo il testo: «In ogni caso, il calciatore ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra». A detta dei calciatori, è una forma di garanzia contro l’eventuale mobbing nei confronti dei loro colleghi che non rientrano più nei piani tecnici della società e che vengono messi fuori rosa. Ieri mattina, prima della rottura, Tommasi si era detto pronto anche ad accettare un compromesso sugli ’allenamenti differenziati’, togliendo la definizione ’temporanei’. Ma non è bastato. L’altro argomento di scontro (all’articolo 4) è diventato il contributo di solidarietà previsto dalla manovra anti-crisi per i redditi superiori a 90 mila euro. «Polemica pretestuosa, nessun giocatore ha protestato per il contributo di solidarietà», la posizione di Tommasi. Il punto è che, soprattutto nei grandi club come Milan e Juventus, molti contratti sono stati firmati al netto. In questi casi, è intervenuto il segretario dell’Aic Grosso, il contributo è a carico della società.
Cosa dice la Federcalcio SULLA VICENDA del contratto collettivo, la prima medizione di Abete (nella foto) risale a dicembre scorso, quando sembrava che le parti avessero trovato un’intesa. Niente da fare, invece. A firmare la bozza di accordo, è stata solo l’Aic, mentre la Lega in questi mesi ha fatto muro, fino al no secco di ieri. Il presidente federale era tornato alla carica lunedì, quando aveva fornito un’interpretazione estensiva del testo dell’articolo 7 del precedente contratto. Nel tentativo di raccogliere le istanze dei presidenti, e di salvaguardare allo stesso tempo i diritti dei giocatori ’fuori rosa’, Abete aveva esteso il concetto alla possibilità di «allenamenti differenziati temporanei». Commentando così la vicenda: «Questo articolo 7 sembra diventato più importante di un testo costituzionale, come cittadino, in un momento come questo per il paese, mi vergogno di tanta attenzione». Con un’aggiunta chiaramente polemica nei confronti dei presidenti: «Se non si firma, vuol dire che allora i problemi sono altri». Per quanto riguarda la discussione intorno al contributo di solidarietà, Abete aveva invitato soprattutto al buon senso: «Vista la situazione del paese, è giusto che chi ha di più dià di più», un chiaro invito ai giocatori a pagare il prelievo.
Cosa vuole la Lega A LARGHISSIMA maggioranza (18 a 2) la Lega ha detto no. I nodi irrisolti della vertenza, secondo i presidenti di serie A, restano l’articolo 4, che riguarda il contributo di solidarietà, che secondo i club deve essere totalmente a carico dei giocatori, e l’articolo 7: i padroni delle società rivendicano l’assoluta autonomia dello staff tecnico di organizzare gli allenamenti dei giocatori. Sull’articolo 4, la Lega (nella foto il presidente Beretta)sostiene che l’emolumento lordo vada considerato con riferimento al regime impositivo ordinario. In pratica, i club chiedono un’integrazione scritta, con valore legale, che non li esponga a pagare il prelievo aggiunto, dal momento che molti contratti sono stati firmati al netto. Per quanto riguarda l’articolo 7, la Lega ieri mattina aveva chiesto ad Abete e all’Aic di rimuovere la definizione ’temporanei’ dall’interpretazione sugli ’allenamenti differenziati’ data dal presidente Abete, ed era stata accontentata. Ma non è bastato. E poche ore dopo è arrivato il voto contrario, e compatto, con l’eccezione del presidente Cellino (Cagliari) e del ds Perinetti (Siena), dell’assemblea. Se si lascia il riferimento all’obbligo dell’allenamento con la prima squadra, è la sintesi della posizione della Lega, va chiarito il concetto di prima squadra in rose di 40-50 giocatori.
la nazione
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