Il Forum dei Tifosi dell'Empoli F.C.

Gli stadi della memoria, Luoghi che raccontano un calcio che non c'è più

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Zeman!
view post Posted on 1/11/2010, 12:44 by: Zeman!
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IL TESTACCIO DI ROMA
Asso di cuori

I giallorossi ci hanno giocato solo undici anni, dal '29 al '40. Eppure di quel piccolo stadio all'inglese, completamente in legno, con le tribune dipinte di giallo e rosso, resta un ricordo indelebile
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Tra via Monte de' Cocci e via Zabaglia, a Roma, oggi ci sono un'officina e una rimessa per camion. Sessant'anni fa - chissà se lo sanno i meccanici che lavorano lì - c'era il cuore della Roma. Il campo di Testaccio non richiama alla memoria dei romanisti trionfi strepitosi: il primo scudetto giallorosso arrivò nel 1942 quando ormai la Roma giocava allo stadio del PNF. Eppure, resta un luogo epico, come accade spesso alle cose che si possono solo raccontare. Qualche rara foto, pochi ritagli ingialliti dei gionali dell'epoca e poi soltanto i ricordi dei vecchi: Ferraris IV e Bernardini, le tribune di legno dipinte di giallo e di rosso, la sagoma della chiesetta di Testaccio sullo sfondo. Lì, su quel campo, è nata la Roma e forse è per questo che nessuno lo ha dimenticato.

Era stato tale Foschi, presidente della Fortitudo a comprare il terreno e ad avviare il progetto. Progetto insolito, all'inglese: uno stadio di proprietà del club, concepito esclusivamente per il calcio. L'ingegner De Bernardinis, cui fu affidata la realizzazione dell'opera, confessò che si sarebbe ispirato allo stadio del Liverpool, niente meno. I lavori cominciano nell'estate del 1928, quando la Fortitudo si è ormai fusa con Alba e Roman per dare vita alla Roma. Sarà la nuova società ad ereditare lo stadio che viene ultimato in quindici mesi al costo di 1.647.161 lire dell'epoca.
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Ventimila posti, interamente in legno, Testaccio debutta il 3 novembre 1929: Roma-Brescia 2-1. Il primo gol lo segna il fiumano Rodolfo Volk, che con 42 reti sarà il marcatore più prolifico nella storia dello stadio. Due anni dopo, il 15 marzo 1931, il giorno di gloria: scende a Roma la Juve capolista e i giallorossi si scatenano. Finisce 5-0 con doppietta di Fulvio Bernardini e gol di Lombardo, Volk e Fasanelli. Un risultato talmente sensazionale da ispirare un film (Cinque a zero, appunto) in cui alcuni giocatori della Roma recitano come comparse.

Campo caldo, quello di Testaccio. La Lazio dovrà aspettare dieci anni prima di espugnarlo: il 2-0 del 15 gennaio 1939 fu l'unica vittoria biancoceleste sul campo della Roma. Che in quel periodo, però, cominciava a scricchiolare, e non in senso metaforico: le tribune ondeggiavano in modo sinistro quando la folla esultava. Nel 1938 viene demolito e ricostruito in cemento il settore dei distinti, ma il restauro non basta. Gli altri settori restano pericolanti e ventimila posti sono sempre troppo pochi per contenere il popolo romanista. Così, il 2 giugno 1940 va in scena l'ultimo atto della struggente commedia umana ambientata a Testaccio: Roma-Novara 3-1. Poi toccherà al più moderno e capiente stadio del PNF ospitare le imprese dei giallorossi, mentre in due giorni - in soli due giorni - Testaccio viene demolito. Resta l'officina, il deposito per i camion e l'eco sempre più lontana di antiche passioni. Come se il cuore della Roma battesse ancora.
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IL COMUNALE DI TORINO
L'eroe dei tre mondi

Costruito per i Mondiali del 1934, è andato "in pensione" alla vigilia di quelli del '90 prima di rinascere a vita nuova per le Olimpiadi Invernali del 2006: da Orsi a Platini a Del Piero, ha visto cambiare il calcio.
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Da Orsi a Platini a Del Piero. La storia del Comunale di Torino è racchiusa tra le imprese, così lontane nel tempo eppure così simili nella portata, di tre grandi campioni. Quando fu costruito, nel 1933, la Juventus stava completando un ciclo sensazionale. Aveva cominciato a vincere nel 1931 e non si era fermata più: campione d'Italia anche l'anno successivo, nel 1933 aveva lasciato l'Ambrosiana-Inter indietro di otto punti. L'approdo al nuovo stadio era stato festeggiato con altri due scudetti: in tutto, cinque di fila. In porta c'era l'intramontabile Combi, con Rosetta e Caligaris terzini e Monti centromediano. In prima linea Cesarini, Borel, Ferrari e, appunto, Orsi.

Lo stadio Comunale, allora intitolato - con somma originalità - a Benito Mussolini, era lo scenario più adatto per le mirabolanti imprese della Signora. Edificato in previsione dei Mondiali del 1934, era il più imponente del Paese, con una capienza di 65.000 posti. Un bel cambio di prospettiva per una squadra abituata alle anguste tribune del Campetto di via Marsiglia. «La vasta costruzione» precisava un comunicato ufficiale dell'epoca «è tutta in cemento armato e sorge nel mezzo di un campo sportivo, ove sono altri terreni di gioco, piscine, palestre. L'architettura è di stile razionale».
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C'erano quasi sessantamila persone, l'11 febbraio del 1934, per l'esordio della Nazionale nel nuovo impianto: esordio sfortunato contro il Wunderteam austriaco che passeggia (4-2) sugli azzurri di Pozzo. Poco male: l'Italia si rifarà pochi mesi dopo nella semifinale mondiale, avviandosi a vincere la Coppa Rimet. Un Mondiale, quello del 1934, nel quale Torino recita una parte secondaria. Al Comunale si giocano un ottavo (Austria-Francia 3-2) e un quarto (Cecoslovacchia-Svizzera 3-2): per la finale di consolazione viene preferita Napoli.
Saranno comunque altre le pagine memorabili nella lunga storia del Comunale:
Umiliata dall'Inghilterra (0-4), proprio a Torino nel 1948, l'Italia sullo stesso campo saprà prendersi la rivincita sui Maestri in due occasioni. Nel 1973 un 2-0 in amichevole firmato da Anastasi e Capello. Sette anni dopo agli Europei è un gol di Tardelli a regalare agli azzurri una vittoria decisiva. Se la Juve si era accasata fin dall'inizio nel nuovo stadio, il Torino abbandonerà il Filadelfia solo nel 1960. Da allora il Comunale diventerà l'unico teatro dei derby. Storici quelli del '75-76, quando con un doppio 2-0 alla Juve, il Toro strappa ai bianconeri, campioni in carica, i punti necessari per bruciare i cugini nello sprint scudetto.

Dai gol di Bettega alle giocate di Platini: negli anni Ottanta la Juve continua a vincere (nel 1986 arriva anche la prima Coppa dei Campioni), mentre il Torino scivola irrimediabilmente verso la Serie B. E il vecchio stadio di tanti trionfi, nato per un Mondiale, viene mandato in pensione da un altro Mondiale, quello del 1990, che porta in dono alla città di Torino il freddo e scomodo Delle Alpi, sgradito ai tifosi e alle due società.

La terza vita del Comunale arriva in occasione delle Olimpiadi Invernali di Torino del 2006. Il progetto di ristrutturazione, affidato a due studi di architettura veronesi Giovanni Cenna Architetto e Arteco, ha conservato le strutture esistenti, sottoposte al vincolo della Sovrintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici, ed ha aggiunto nuove strutture verticali per reggere la copertura di tutto l'impianto, e un terzo anello di gradinate, continuo e strutturalmente collaborante alla copertura. Dalla stagione 2006/07 Juventus e Torino sono ritornate a giocare nel "nuovo" stadio, ora chiamato Olimpico.
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