| La vicepresidente della squadra tornata in A L’Empoli di Rebecca Corsi “Io, tra i padroni del calcio” di Matteo Dovellini «La prima volta che ho visto una partita dell’Empoli allo stadio mi sono addormentata in braccio a mio padre. Da quel giorno, però, non ho più dormito». Rebecca Corsi ha 32 anni e dopo quella prima volta la sua vita è cambiata. Era una bambina e suo padre Fabrizio era già proprietario del club. Oggi è vicepresidente dell’Empoli appena tornato in serie A. «La prima volta che ho visto una partita dell’Empoli allo stadio mi sono addormentata in braccio a mio padre. Da quel giorno, però, non ho più dormito in tribuna». Rebecca Corsi, 32 anni, quel giorno era una bambina e suo padre Fabrizio era già proprietario dell’Empoli. Oggi, vicepresidente del club appena tornato in serie A, è convinta che il mondo del calcio possa migliorare anche grazie al prezioso contributo di una donna. D’altronde, pochi giorni fa, era l’unica donna al tavolo della Lega Calcio nell’ultima infuocata riunione. È rimasta seduta lì, a osservare e ascoltare, mentre i potenti alzavano la voce. Poi ha preso i suoi fogli con gli appunti ed è tornata a Monteboro, il quartier generale dell’Empoli, dove il centro sportivo domina dall’alto la città e la parte industriale. Lì, a poche centinaia di metri, c’è anche l’azienda di famiglia. La C.G.Studio. Lavorazione di pellame di alta qualità per i grandi marchi della moda. Nel suo ufficio, alle pareti ci sono le foto delle sette promozioni (sei in Serie A) in 30 anni di gestione Fabrizio Corsi. Una delle proprietà più longeve a questi livelli. Rebecca sfoggia un gran sorriso e silenzia il telefono che viene bombardato di messaggi e di chiamate. Ha iniziato lavorando nell’azienda del padre? «Sì, dopo aver studiato al Polimoda. Nell’anno della crisi economica mio padre era particolarmente preoccupato e io, impegnata in uno stage a Firenze, facevo le corse per rientrare e dargli una mano. Nel 2012 sono entrata in società». Di cosa si occupava all’inizio? «Del marketing. Ho studiato per quel settore e poi, a piccoli passi, sono diventata vice presidente del club e presidente dell’Empoli Femminile. La mia creatura, della quale sono davvero orgogliosa». Arrivando al centro sportivo abbiamo incontrato suo padre… «Sì ma prima difficilmente frequentava il centro sportivo. Da quando lavoro qui ho cercato di dare delle regole anche a lui. Mio padre si ritrovava a parlare di calcio nell’azienda di famiglia. Così un giorno gli ho detto: “In azienda si fanno i giubbotti, a Monteboro si parla di pallone”». Che rapporto ha con lui? E quanto le pesa sentire che Rebecca è “figlia di”? «Non mi piace quando sento che sono “la figlia di”, ma sarei ipocrita a non fare onore a tutto ciò. Se sono in questo mondo da nove anni è grazie anche al fatto che mio padre è il presidente dell’Empoli. All’inizio stavo in questo ambiente perché così potevo passare più tempo insieme a lui. I miei si sono separati quando ero molto piccola. Empoli è la sua vita. Stando con lui, mi sono innamorata della squadra anch’io.Così nel club ho trovato la mia pace». Perché, non è stato così fin dall’inizio? «Non è mai stato facile vivere il “figlia di” agli occhi delle persone con cui hai a che fare tutti i giorni. Devi sempre dimostrare qualcosa in più ma non è solo questo il problema: è il fatto di pensare a una donna in un mondo di uomini con un cognome importante. Una miscela esplosiva. Forse per questo preferisco essere chiamata semplicemente Rebecca». Qual è l’insegnamento più importante che le ha trasmesso suo padre, Fabrizio? «Ho sempre seguito i suoi consigli e credo di averli imparati come fossero dottrina: quando entri negli spogliatoi non sorridere o non parlare se avverti della tensione. Rimani seria il giorno della partita. Dai relazione ai calciatori, ma mantieni equilibrio. Insegnamenti che mi sono portata dietro e che adesso mi ritrovo quando siedo a un tavolo con uomini di calcio. Al centro sportivo, con lo staff tecnico, allo stadio, in Lega Calcio. A tutti i livelli. Ma non è stato facile: sono cresciuta a contatto coi calciatori, ragazzi della mia età. Come con Tonelli o Angella, che la mattina mi ritrovavo in classe a scuola e il pomeriggio al campo». È vero che è fidanzata con un calciatore professionista? «Sì. Una storia davvero particolare. Perché sono molto schematica e un po’ troppo dura con me stessa, a volte. Per esempio, ho sempre pensato che con un calciatore o un dirigente, non mi sarei mai fidanzata. Non volevo contatti con persone nel mio stesso ambiente perché avevo paura che tutto ciò potesse minare la mia credibilità. Ma quando ci siamo conosciuti al mare, nessuno di noi due sapeva dell’altro. Lo abbiamo scoperto soltanto dopo. Lui mi ha conquistata con educazione e rispetto: è proprio vero, esistono ancora gli uomini di una volta». Si può andare oltre gli schemi, insomma… «Ho sofferto molto i cattivi pensieri che ho sentito su di me. Sono giovane e il giudizio mi dà fastidio. Adesso però la vivo meglio, con più serenità. Sono sempre dietro all’Empoli. Scuola calcio, settore giovanile, marketing, contratti da firmare, incontri da fissare...». Riavvolga il nastro e torni a quando si addormentò in braccio a suo padre. Da quel giorno, cambierebbe qualcosa della sua vita? «No, non cambierei niente. Rifarei tutto. Empoli è la mia vita, proprio come per mio padre». Pensa mai che un giorno potrebbe diventare presidente del club? «Mio padre vorrebbe non darmi questo peso. Vede il rischio con i suoi sono occhi di genitore. Il rischio però già adesso, con l’incarico che ho. E poi se uno non dovesse rischiare, rimarrebbe sempre a casa. Per me invece sarebbe bellissimo e spero che un giorno possa accadere. È il mio sogno» la repubblica firenze del 13/06/2021
Edited by Zeman! - 15/6/2021, 10:44
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