Il Forum dei Tifosi dell'Empoli F.C.

I debiti/conti della Serie A e del calcio in genere...

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view post Posted on 1/3/2010, 20:02
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INCHIESTA GUERIN SPORTIVO
CRACK IN CORSA I DEBITI DELLA SERIE A

Recessione, austerity, autofinanziamento, fair play economico. Neologismi e antichi adagi mandati a memoria dai massimi dirigenti dei club italiani. Platini chiama, rendendo rigidissimi i parametri finanziari per la prossima partecipazione alle coppe, i Nostri tentano di rispondere. Purtroppo, come sempre, solo a parole, senza alcun cambiamento tangibile. Inchiodati da numeri da collasso del pallone, per una crisi che nonostante i buoni propositi continua a essere irreversibile. Fra stadi obsoleti e monte-ingaggi da crack economico, si spende troppo e si vince poco. Diciamo nulla. Mentre all'estero fanno tutto meglio, avendo viaggiato di pari passo con le esigenze dello spettatore e con l'evoluzione dei mercati, nazionali e internazionali. Preferendo i fatti alle parole.
Lungimiranza? Termine sconosciuto per i club di Serie A che predicano bene e razzolano malissimo, iperpagando giocatori che hanno abbondantemente superato i trent'anni. Se la Roma ha il suo tornaconto rinnovando il contratto a Totti fino al 2014, quando il capitano avrà 38 anni, perché Totti fra sponsor attirati (Wind, Robe di Kappa) e spendibilità del nome, quasi si autofinanzia, altri club non trarranno benefici indotti dagli emolumenti elargiti a grandi calciatori la cui carta di identità indica che verranno strapagati fin quando avranno da tempo imboccato la parabola discendente della propria carriera. I Paperoni delle cinque categorie di ruolo (portiere, difensore, centrocampista, rifinitore, attaccante) non sono più giocatori di primo pelo: Buffon (classe 1978; 5,5 milioni di euro a stagione); Lucio (1978; 4,5); Pirlo (1979; 5); Ronaldinho (1980; 7,5); Eto'o (1981; 10,5). Fra gli allenatori, spicca Mourinho, 12 milioni di euro che lo issano in cima alla classifica dei tecnici più pagati del mondo. E meno male che Moratti ha transato con Mancini, fino a pochi mesi fa a libro paga con 5 milioni di euro a stagione.

MONTE INGAGGI COME L'EVEREST
Il facile ritornello del mal comune mezzo gaudio è stato spesso ripetuto dai nostri dirigenti: “I conti? Guardate quelli delle inglesi”. Scomodo autogol: a fine 2009 il Chelsea ha reso noto di aver estinto il debito contratto con la propria controllante, sempre facente capo ad Abramovich, che aveva toccato quota 376 milioni di euro, nonostante un leggero calo del fatturato rispetto al 2008, sceso da 236 a 228 milioni di euro. Il presidente onorario dei Blues, Bruce Buck ha gonfiato il petto davanti ai microfoni: “Ci stiamo allineando alle normative che fisseranno i livelli di debito da non oltrepassare. Puntiamo all'autosufficienza economica, grazie allo sfruttamento del marchio che sta comportando un incremento notevole dei ricavi”. Parole tuttora sconosciute alle nostre latitudini.
In Italia si piange miseria facendo il verso al coccodrillo. Sproporzionato e impietoso il confronto del monte-ingaggi nostrano con quelli degli altri Paesi europei. Le cessioni di pesi enormi per le casse societarie come Ibrahimovic e Kakà, il ritorno a casa di Shevchenko e l'addio di Maldini, abbondantemente sopra i 4 milioni di euro a stagione, non ha diminuito il costo del lavoro, anzi. Nel 2009-10, ai nastri di partenza, la Serie A ha contato fino a 800 milioni di euro. L'Inter comanda la graduatoria, pagando ai suoi calciatori 170 milioni di euro, e vince il derby col Milan che si ferma a 125,5. Podio per la Juventus (115), seguita dalla Roma (69,7) e dalla Fiorentina (40), che batte Genoa (38) e Napoli (37). Lodi alle piccole, che si allineano ai tempi, con il Catania passato da 20 milioni a 17,5, il Cagliari da 21 a 19, il Siena da 18,5 a 17,5, e il Chievo da 14 a 13. Nel complesso, l'estate della recessione ha partorito un fallimento: il monteingaggi complessivo è aumentato di 31 milioni di euro rispetto all'anno precedente (nel 2008-09 era di 769 milioni) e di 133 milioni rispetto al 2007-08, quando i club di A pagavano 677 milioni di euro. Giustificate le spese per gli stipendi delle inglesi, che in Europa fanno la voce grossa. Il Chelsea, che nella passata stagione ha fatto registrare un incremento del 30% rispetto al 2007-08, paga circa 185 milioni di euro di ingaggi, il Manchester United 125 milioni, l'Arsenal 100, il Liverpool 95.
Segnate la cifra: 2,1 miliardi di euro. E' il debito lordo dei club di Serie A, che comprende esposizioni verso banche, fornitori, società controllate, società di calcio con cui si instaurano rapporti di mercato. Un rosso fuoco nei bilanci che fa pendant col nerazzurro dell'Inter, che ha chiuso l'esercizio al 30 giugno 2009 con 431,55 milioni di euro di debiti al lordo (lordi perché comprendono anche 66,4 milioni di euro di crediti. Il 30 giugno 2008 il debito lordo si fermò a 395 milioni). Quasi un quarto dell'intero rosso della Serie A, il 23% dei debiti complessivi. La recente Assemblea dei soci dell'Inter ha partorito un aumento di capitale di 70 milioni di euro. Sui conti pesano anche gli 800 mila euro sborsati per i compensi dei 14 membri del Consiglio di Amministrazione, 100 mila euro in più rispetto all'anno precedente. Il Milan, si è accontentato del secondo posto fermandosi a un debito lordo di 364 milioni di euro, pari al 19% dei debiti della A. Terza la Lazio, che tocca quota 129 milioni (6,9%), la Juventus conta fino a 109, mentre la Roma si è fermata a 99 milioni di euro. Virtuoso fra gli indebitati, il Livorno ha accumulato un debito lordo di 16 milioni di euro.

2009-10: FUGA DAGLI STADI
Spese inopportune, per non dire folli, non supportate da un conseguente appeal. I dati sugli spettatori da stadio dei primi 5 mesi di campionato relegano l'Italia a un piazzamento da zona retrocessione in Europa. Dal fischio di inizio dei campionati nazionali fino al 31 dicembre 2009, il torneo con maggior seguito allo stadio è la Bundesliga, che vanta una media di 42.833 spettatori a partita, a fronte di una disponibilità media di 47.642 posti, per un esaltante copertura media dell'89,9% dei seggiolini disponibili, che rendono il torneo tedesco il terzo evento più seguito allo stadio dopo la National Football League statunitense e l'Indian Premier League di cricket. Dietro la Bundesliga si piazza la Premier League, con una media di 34.082 spettatori a partita a fronte di una disponibilità media di 37.083 posti (91,9% di copertura garantita dagli spettatori), davanti alla Liga spagnola, 28.568 spettatori a gara per 37.509 posti (76,2%). Amaro quarto posto per la Serie A, che conta appena 23.877 spettatori di media nonostante i 42.904 posti disponibili in media per ogni partita (seconda disponibilità media dopo la Germania). Appena il 55,7% della capacità degli stadi viene occupata dagli spettatori, percentuale che evidenzia l'anacronismo delle strutture nostrane, che nel 1984-85 contavano una presenza media di 36 mila spettatori a partita. Logica conseguenza: il 75% dei nostri impianti ha visto la luce prima dell'ultimo conflitto mondiale, l'età media rasenta i 60 anni, ma non è questo il problema, visto che l'età media degli stadi inglesi è di 73 anni. Gli stadi italiani sono infrequentabili perché non viaggiano al passo coi tempi. Dal 2000 ad oggi solo il 10% dei nostri impianti è stato ristrutturato, a fronte del 45% registrato nel resto d'Europa. Spettatori in calo anche rispetto alla stagione scorsa, quando al termine delle 38 partite di campionato si registrò una media di 25.906 presenze. Non inganni il quinto posto della Ligue 1 francese, con una media di 19.983 spettatori a partita, da rapportare a una ridotta capienza media di 27.847. Oltralpe si riempono il 71,8% dei posti disponibili.

FATTURATI A CONFRONTO
La Bundesliga fa scuola nel tenere a bada il peso del costo del lavoro sui fatturati. Il monteingaggi delle squadre tedesche intacca in media solo il 48% dei fatturati annui dei club di riferimento (nonostante un aumento del 13% del costo del lavoro rispetto alla scorsa stagione), mentre in Italia la media sale fino al 64%. Maglia nera alla Francia, dove gli stipendi dei calciatori intaccano il 71% dei fatturati. Il fatturato complessivo della Serie A si assesta su 1,595 miliardi di euro, il triplo rispetto alla stagione 1995-96, quando i club già contavano sui contributi delle televisioni (Telepiù) e fatturavano 500 milioni di euro (circa 1 miliardo di lire). Fatturati triplicati, a fronte del costo del lavoro decuplicato, considerando che 15 anni fa i contributi previdenziali incidevano al 4% sui conti dei club mentre oggi intaccano il fatturato al 16%. Sproporzione allarmante perché in Italia le “voci da fatturato” da incentivare sono in netto ritardo rispetto al resto d'Europa. L'euforia scaturita dai soldi delle televisioni ha azzerato negli anni la diversificazione di investimenti e reso quasi ininfluenti gli introiti di settori mal sfruttati. Il botteghino della Juventus incide solo al 7% sul fatturato, percentuale più bassa fra le grandi d'Europa (gli incassi dell'Emirates Stadium costituiscono il 52% del fatturato dell'Arsenal), mentre i diritti tv coprono il 64% degli introiti di Madama, picco più alto del Continente. Estremi determinati anche dalla distribuzione del tifo bianconero lungo tutta la Penisola e dalla capienza ridotta dell'Olimpico in attesa del nuovo stadio. Ma nel resto d'Italia la situazione non è tanto migliore, perché gli introiti derivanti dalle televisioni costituiscono in media il 54% del fatturato, lasciando agli incassi da botteghino una misera media del 15%, oltre la metà rispetto agli altri Paesi d'Europa. I fatturati dei club italiani sono inferiori rispetto alle big continentali. In crescita la Juventus, che nel primo semestre 2009 ha toccato quota 240 milioni di euro, con l'ex presidente Cobolli Gigli orgoglioso di annunciare l'aumento del 16% rispetto al 2008. Da oltre un biennio sopra i 210 milioni il Milan, in crescita l'Inter, che sale a 232 milioni, mentre la Roma sfiora i 180 milioni di euro di fatturato. Il Palermo fattura 70 milioni, la Fiorentina 110, la Lazio 90, il Napoli 100. Nulla a che vedere con il Real Madrid, che nel 2008 ha fatturato 366 milioni di euro e che in prospettiva potrà facilmente abbattere il muro dei 400 milioni di euro. Il merchandising fa la voce grossa, la Casa Blanca guadagna sfruttando contemporaneamente il brand del club e quello dei giocatori, per un appeal riscontrabile in ogni angolo del mondo. Florentino Perez ha chiuso due operazioni monstre per la cessione dei diritti televisivi, con La Sexta per il chiaro e con Digital Plus per il criptato, che frutta complessivamente 120 milioni di euro a stagione. Il Manchester United fattura 326 milioni di euro, grazie soprattutto al botteghino, che porta nelle casse 131 milioni di euro, e alla Nike, che in 13 anni versa nelle casse dei Red Devils 455 milioni di euro.
Proprio i main sponsor sono una boccata di ossigeno per le casse esangui dei nostri club. La Juventus ottiene dal marchio di famiglia, la New Holland, gruppo Fiat, 11 milioni a stagione. Bwin versa 10 milioni l'anno al Milan, la Pirelli ne dà 9 all'Inter, mentre la Wind spende 7 milioni l'anno per abbinarsi alla Roma. Stessa cifra versata da Monte Paschi nelle casse del Siena, 5,2 i soldi che la Lete dà al Napoli, mentre Toyota paga 4,3 milioni l'abbinamento con la Fiorentina. 2,5 milioni l'accoppiata Erg-Sampdoria mentre il Catania ottiene dallo sponsor Energia Siciliana 1,4 milioni. 1 milione per Dacia-Udinese e Gaudì-Genoa. L'anno scorso la Juventus si è piazzata al primo posto nella classifica degli introiti ricavati dalle sponsorizzazioni (main sponsor, golden sponsor, partnership, cartellonistica da stadio), mettendo in cassa oltre 45 milioni di euro, staccando di circa 10 milioni di euro le milanesi. Ma è il Napoli a trarre maggiori benefici per il suo fatturato dagli sponsor, che ne costituiscono quasi il 25%.

LE NUOVE FRONTIERE DEL BUSINESS
Non conosce crisi il settore delle scommesse sportive, col calcio dominante rispetto alle altre discipline. Nel 2009, il 93,4% delle puntate sportive è stato indirizzato verso le partite di pallone, per una spesa complessiva degli scommettitori che ha toccato quota 4,3 miliardi di euro, circa l'8% in più rispetto ai 4 miliardi di euro del 2008, anno del boom di puntate, che aveva fatto registrare un aumento superiore al 50% rispetto al 2007. Scommesse al maschile, perché solo il 2% delle giocate è effettuato dalle donne. La partita che ha fatto registrare il maggiore movimento di soldi è ad oggi Inter-Milan del 15 febbraio 2009: 5,5 milioni di euro sono stati puntati sul derby milanese. 4,8 milioni per Milan-Juventus, 4,7 per Roma-Milan. I rossoneri attirano gli scommettitori.
Sfruttare il mercato est-asiatico. E' il diktat che si impone il calcio italiano. Ovviamente in ritardo di quasi un decennio rispetto a quanto già recepito da inglesi e spagnoli. La Supercoppa Italiana 2010, 2011 e 2012 si disputerà in Cina. Per le casse dei club italiani significa 10 milioni di euro in più. L'agenzia cinese, che tratterà fra l'altro i diritti tv da vendere all'estero (quelli italiani li venderà direttamente la Lega), entusiasta per il successo dell'edizione 2009 che ha visto vincere a Pechino la Lazio contro l'Inter, ha aumentato del 20% la borsa che si divideranno le sfidanti, con una piccola somma destinata alla Lega Serie A per l'organizzazione.

Augusto Ciardi
 
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Numeri interessanti, ma di certo non nuovi.

Che il calcio sia un'industria in perenne perdita non è una novità, neanche per chi vince.
Anche perché non s'è mai fatto nulla per evitarlo, permettendo ai vincitori di aumentare i costi, fregandosene della correttezza delle gestioni societarie. Ma la corda non si può tirar per sempre...

Ad esempio l'Inter dei tre scudetti a fila ha accumulato perdite economiche in tre anni per oltre 500 milioni di euro. Leggo ora che ha anche un debito finanziario (anno 2009) di 431 mln e nessuno dice pio...
A livello "etico" è inconcepibile vincere tanto ed avere rossi del genere. Cazzo, meglio perdere se sei un imprenditore normale...
Ma lì tanto poi arriva Moratti e tira fuori dal portafoglio 70 mln per ricapitalizzare, tanto cosa vuoi che gli facciano.
Io posso capire le perdite di chi retrocede (ad esempio l' Empoli, bilancio 2009, perdita di 6 milioni) perché perde un sacco di contributi... ma leggere i passivi dell'Inter fa schifo.
Se fosse un'azienda normale, e Moratti un presidente normale, avrebbe già licenziato tutto il CdA prendendo tutti i manager a calci in culo.

E' disgustoso.
Ci sono aziende che chiudono per meno di un milione mandando a casa decine di operai e questo "signore" annega nei suoi petrol-soldi, sperperandoli per pagare ingaggi scandalosi, basandosi anche su tutti i soldi che ha anche intascato negli anni con lo scandalo del Cip6 (e sono stati tanti...).
Facile vincere così.

D'altronde il Milan anni 80-90 non era molto diverso.

Non sto criticando gli stipendi dei calciatori: è il mercato.
O almeno si dice così... ma è davvero così ?
Nel momento in cui paghi un calciatore un tot, devi essere sicuro che quel tot rientra fra i tuoi costi, e che ti permetta di uscire in utile a fine anno...
Se non è così il mercato va rivisto, e se non puoi permettertelo devi abbassare l'asticella. Invece si continua imperterriti a scavare offrendo cifre faraoniche, perché anche altri club fanno così e se uno non si adegua non è competitivo. E' una corsa a rotta di collo verso il disastro.

La crisi infatti pian piano farà tremare tutti: il Man Utd ha debiti per 700 mln: se le banche chiedono di rientrare son cazzi, e considerando che in Inghilterra una stessa banca è fallita due volte (dopo che era stata salvata dallo stato) si capisce che aria tiri nel mondo creditizio, verso chiunque.
Non è un caso la vendita di C. Ronaldo la scorsa estate.

E non è un caso che si citi il Chelsea parlando di "indipendenza economica"... lì la "banca" è la famiglia Abramovich, e di tutto il resto può fregarsene.

Ma chi è esposto verso le banche, in un momento come questo è costretto a ridimensionarsi.
Spero che questo porti ad un ribassamento generalizzato degli stipendi (perché son quelle le uscite che determinano tutto).

Dovrebbero inoltre mettere dei paletti all'indebitamento a livello europeo per darsi una calmata.
E dovrebbero essere rigidi, con pesanti penalizzazioni per chi non li rispetta, ma a quello non si arriverà mai.
Purtroppo.
 
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personalmente ammiro molto il modo di gestire il sistema calcio dai tedeschi...
 
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sulla falsa riga di prima....

Il pallone è al fischio finale
di Massimo Lucchese
I team europei sono sull'orlo del baratro. Con casi limite come il Manchester che ha debiti per 800 milioni. Ma anche Inter e Milan non reggono più Non c'è bisogno di essere delle Cassandre per vaticinare il prossimo crac del sistema del calcio europeo. Da anni i ricavi non coprono i costi e le spese sostenute per il parco-giocatori hanno una peso determinante sul segno finale dei conti societari. I club passano di mano da un patron all'altro, ma i soldi in circolazione non sono più quelli degli anni d'oro. Il sistema del pallone non ha trovato - e non sembra nemmeno cercare - una nuova sostenibilità, che deve passare necessariamente per il fair play finanziario: vale a dire regole uguali per tutti gli operatori, il mercato dei calciatori ridimensionato su valori più in linea con l'attuale situazione economica, e soprattutto parametri finanziari più rigidi, pena l'esclusione da campionati e trofei internazionali.
Un messaggio che, più volte, il presidente della Uefa, Michel Platini, ha inviato ai numeri uno dei grandi club, senza mai ricevere un cenno di adesione. Negli ultimi anni tutti i top team hanno continuato a crescere in termini di fatturato, grazie a sponsorizzazioni sempre più importanti, alla partecipazione a tornei di lusso in terre esotiche e alla diffusione dei diritti media sia in ambito domestico che internazionale. Ma, a fronte di questo incremento nei ricavi, i debiti hanno continuato a crescere, per una gestione poco lucida del cash flow e anche perché si è ritenuto che il sistema finanziario potesse venire incontro a chi è capace, comunque, di produrre reddito. Peccato, però, che le società che generano utili hanno utilizzato questi soldi per ripagare il costo dei tassi d'interesse su un debito in continua crescita.
Il sistema del calcio europeo insomma è a un passo dal collasso e molti patron sono stanchi di depauperare i propri patrimoni personali o familiari. Il Manchester United di Malcolm Glazer, il club più ricco al mondo per valore economico complessivo, ha tirato un sospiro di sollievo solo dopo essere riuscito, nelle ultime settimane, a ristrutturare il proprio debito con un'operazione finanziaria di tutto rispetto, mai tentata prima da un club di calcio. Grazie infatti all'emissione di un bond da 500 milioni di sterline della durata di sette anni (progetto curato dalla banca d'affari JP Morgan e da Deutsche Bank) i campioni d'Inghilterra pagheranno, nelle prossime stagioni, meno interessi sul totale dei debiti. Un maquillage finanziario che potrebbe non essere sufficiente, costringendo alla fine l'attuale proprietà a passare la mano al migliore offerente. Nell'ultima stagione i Red Devils hanno messo a segno un risultato positivo di bilancio solo grazie alla cessione dell'asso Cristiano Ronaldo, venduto per 90 milioni di euro al Real Madrid, altrimenti altri 38 milioni di euro di perdite si sarebbero aggiunti allo stock già pesantissimo di 800 milioni di debiti. Altri club inglesi hanno pensato di utilizzare un sistema più semplice, ovvero convertire il proprio indebitamento in azioni. Il Chelsea ha trasformato l'esposizione finanziaria che aveva nei confronti del suo stesso proprietario, il magnate russo Roman Abramovich (pari ad oltre 900 milioni di euro di debiti), in nuove azioni. In pratica Abramovich ha azzerato quasi un miliardo di debiti rimettendoceli dal suo patrimonio personale. Il Chelsea è una società che perde, ogni anno, decine di milioni di euro e, senza un freno alle spese, nell'arco di poche stagioni si ritroverà di nuovo con un'esposizione finanziaria elevatissima. Una situazione insostenibile anche per un tycoon del calibro di Abramovich.
Situazione simile l'ha vissuta più recentemente il Manchester City, acquistato dalla famiglia reale di Abu Dhabi, che ha quasi azzerato l'indebitamento trasformandolo in azioni, sulla scia dell'operazione del Chelsea: ma, ogni anno, il secondo club di Manchester continua a produrre perdite ingenti. L'Arsenal, altro storico team della Premier league inglese, ha emesso obbligazioni garantite dagli incassi dell'impianto sportivo (l'Emirates stadium) per finanziare i propri debiti. Un'operazione di cartolarizzazione importante e forse eccessiva per il mondo del pallone, anche perché si continua a spostare avanti nel tempo la soluzione di un annoso problema: quello dei costi dei salari dei giocatori e dei trasferimenti degli stessi. Al momento, se non ci fossero dei patron pronti a vedere il proprio portafoglio prosciugarsi, alcuni dei più importanti marchi calcistici europei sarebbero già falliti.
In Italia le due corazzate Inter e Milan producono perdite per centinaia di milioni al termine di ogni stagione, conti negativi che devono poi essere ripianati da aumenti di capitale sottoscritti dai presidenti-proprietari. E se Moratti finora ha aperto il portafogli generosamente, si sa che invece Berlusconi è sempre più frenato dai figli, poco entusiasti di gettare soldi nel pallone. In serie A tra i top club solo la Roma e la Juventus (entrambe quotate in Borsa), tentano di seguire una strada di contenimento dei costi, non potendosi permettere di investire ulteriori soldi e non essendoci, al momento, alcuna cordata pronta a rilevarle.
Nell'ultimo anno, poi, in Germania è esploso il caso Schalke04. La società tedesca apparentemente solida, nonostante la sponsorizzazione ricchissima di Gazprom (25 milioni di euro per i prossimi quattro anni), è riuscita ad arrivare a un'esposizione debitoria di 280 milioni di euro, il 45 per cento di tutto il rosso della Bundesliga (pari a inizio stagione a 610 milioni di euro). Cifre elevate, ma inferiori, per esempio, ai 3,5 miliardi della Premiership britannica o ai 2 miliardi circa della serie A tricolore. Se il calcio tedesco è al momento il più virtuoso, in termini di esposizione finanziaria, lo si deve al forte contenimento dei costi praticato nelle ultime stagioni. Una politica che ha relegato la Bundesliga, a livello internazionale, un gradino più in basso, ma che consente ai club (nella stragrande maggioranza dei casi) di sopravvivere. Nel 2004-2005 il Borussia Dortmund, uno dei più amati in Germania, è arrivato a un passo dal fallimento, con un debito di poco superiore ai 150 milioni di euro. Oggi, il Manchester United ne ha uno di 800 milioni. Un dato che rappresenta oltre due volte il fatturato annuo (fermo a 365 milioni). Se uno Stato sovrano avesse un rapporto tra debito e Pil superiore al 200 per cento, la comunità finanziaria toglierebbe ogni fiducia, portando lo stesso, inevitabilmente, al default dei conti.
Se la Premier League inglese naviga, tra mille difficoltà, con piccoli club che passano la mano o vengono venduti per una sterlina (è il caso del Portsmouth, che rischia di essere dichiarato fallito il prossimo primo marzo), nel calcio spagnolo la situazione non è certo migliore. Ai grandi club come Real Madrid e Barcellona, i cui debiti per ora sono garantiti dalle banche, si affiancano altre piccole e medie strutture che hanno raggiunto livelli di criticità senza precedenti. Come per esempio il Valencia o l'Atletico di Madrid, rispettivamente con un indebitamento pari a 3,5 volte e a 3,8 volte il fatturato. In più i valenciani rischiano di rimanere schiacciati dagli impegni assunti per la costruzione del nuovo stadio, il Mestalla, che non costerà meno di 240 milioni di euro. Un investimento previsto molti anni fa, quando la recessione era lontana.
Sempre a proposito di debiti, molte società sono esposte verso il sistema bancario non per gli investimenti effettuati, che in prospettiva potranno portare maggiori ricavi (come l'ampliamento di stadi o la costruzione di nuovi centri polifunzionali), ma per una scorretta gestione della spesa corrente. Un comportamento, quest'ultimo, che in prospettiva non lascia spazio ad altra soluzione che il fallimento o, finché regge il giochino, al passaggio di mano di una squadra da un patron all'altro. Praticamente l'unica figura che oggi garantisce, quale che sia il mercato di appartenenza, la sopravvivenza all'interno di un sistema sempre più colpito dalla perdurante crisi economica.

l'espresso
 
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i fatturati...
Il Real Madrid rimane il club europeo col maggiore fatturato. Il club spagnolo, che si conferma il più ricco per il quinto anno consecutivo, è la prima società ad avere un fatturato maggiore di 400 milioni di euro, generati nella stagione 2008/2009. Dietro al Real un altro club spagnolo, il Barcellona, che in questa speciale classifica ha superato il Manchester United. Per trovare società italiane dobbiamo scivolare in fondo alla top ten, con Juventus, Inter e Milan che si posizionano, rispettivamente, ottava, nona e decima, mentre la Roma è dodicesima. Il fatturato totale dei primi 20 club, tutti provenienti dalle cinque maggiori leghe europee (7 inglesi, 5 tedeschi, 4 italiani, 2 spagnoli e 2 francesi) supera i 3,9 bilioni di euro. Questo il dettaglio dei fatturati di questi club, riferito alla stagione 2008/2009 ed espresso in milioni di euro:
1. Real Madrid (401.4)
2. Barcellona (365.9)
3. Manchester United (327)
4. Bayern Monaco (289.5)
5. Arsenal (263.0)
6. Chelsea (242.3)
7. Liverpool (217.0)
8. Juventus (203.2)
9. Inter (196.5)
10. Milan (196.5)
11. Amburgo (146.7)
12. Roma (146.4)
13. Lione (139.6)
14. Marsiglia (133.2)
15. Tottenham (132.7)
16. Schalke 04 (124.5)
17. Werder Brema (114.7)
18. Borussia Dortmund (103.5)
19. Manchester City (102.2)
20. Newcastle (101.01)

legacalcio
 
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analisi sui fatturati e cose simili delle squadre che fanno la coppa dei campioni....

DeloitteFootballMoneyLeague2010
http://fliiby.com/file/820219/ukorr4gnxf.html

DeloitteFootballMoneyLeague2009
http://fliiby.com/file/820218/rreai1myk7.html

DeloitteFootballMoneyLeague2008
http://fliiby.com/file/820217/pglrzmthb8.html

DeloitteFootballMoneyLeague2007
http://fliiby.com/file/820216/k66kj683kg.html

DeloitteFootballMoneyLeague2006
http://fliiby.com/file/820215/eru1t5qh3k.html
 
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Un bilancio chiaro è ben messo in rete è quello del Milan:

Conto Economico:
www.bilanciomilan.it/contoeconomico.html

Stato Patrimoniale:
www.bilanciomilan.it/statopatrimoniale.html

Più in generale, sempre nello stesso sito:
www.bilanciomilan.it/home.htm

è possibile trovare tutte le altre componenti di bilancio: nota integrativa, relazione sulla gestione, eccetera eccetera...

Dovrebbero farlo tutte le squadre...

Edited by MikFib - 2/3/2010, 17:47
 
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Il bilancio della Lazio è invece un pdf scaricabile a questo link,

www.sslazio.it/cms/view/home/societa_/investor_relator/s136

cliccando su:

" Bilancio separato e consolidato S.S. Lazio S.p.A. "
 
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"Pareggio ogni 3 anni" È il fair play contabile
Sanzioni dal 2015, così i club europei hanno ridisegnato la riforma-Platini

GABRIELE MARCOTTI
MANCHESTER
Il Financial Fair Play si avvicina alla realtà. Ma le proposte di Michel Platini per porre fine alle «gestioni allegre» del passato emergono alterate (e alquanto «sdentate») dopo il confronto con l'ECA, l'associazione che ragguppa i club europei. Esame indispensabile, perché senza la collaborazione dei club si sarebbe passati al braccio di ferro e quello non avrebbe giovato a nessuno. Slitta la piena implementazione, dal 2012 al 2015, ma era inevitabile: troppo disastrate le casse dei club inglesi e spagnoli per pensare che si potesse passare subito al dunque. Abbandonata definitivamente l'idea di legare direttamente la spesa al fatturato (cosa che avrebbe finito con l'avvantaggiare in eterno i club più grandi) si dovrà quindi lavorare sul principio del «pareggio nel triennio». Un concetto preso in prestito dalla Bundesliga (lì, per la verità, il riferimento è il biennio) che ormai ha soppiantato la Premier League come modello da seguire.
Non fosse che anche questo parametro si sta sfaldando. Da un lato, fonti ECA parlano di «quinquennio» invece che di triennio. Inevitabili ulteriori trattative. Dall’altro, sembra che verrà alterato lo stesso concetto di «pareggio». Invece di pareggiare i conti nell'arco dei tre anni (cioè chi ha un passivo di 20 milioni il primo anno e 10 milioni il secondo dovrà per forza registrare un utile di 30 milioni il terzo anno) basterà pareggiare i conti una volta ogni tre anni. Almeno questa è l'idea dei club i quali si dicono fiduciosi che Platini accetterà. A quel punto il gioco è (quasi) fatto. Si potranno fare spese folli per due anni di fila e poi rientrare il terzo anno (o magari addirittura il quinto, se passa la proposta lassista dell'ECA). E rientrare, in questa situazione, non sarà poi così difficile. Basterà magari ristrutturare i contratti in maniera creativa. Un esempio: se prevedo il «passivo» per il 2011-2012 e l'utile nel 2013 per poi tornare in passivo l'anno seguente, basterà proporre al mio centravanti da 4 milioni l'anno un contratto che gli garantisca 5 milioni nel 2011 e 2012, 1 milione nel 2013 e poi nuovamente 5 milioni nel 2014. La media resta sui 4 milioni solo che nell'«anno dell'utile» sarà molto più bassa, permettendo di generare un attivo.
L'Uefa insiste che vigilerà sulle manovre elusive, così come passerà a setaccio i bilanci dei club per colpire altre forme di «contabilità creativa». Ma la battaglia è tutta da giocare ed è difficile immaginare che da Nyon riusciranno a trovare le necessarie risorse per vigilare sui conti di centinaia di club in 53 nazioni diverse (spesso con normative contabili disomogenee). Platini pensa ad una sorta di tassa sugli introiti tv della Champions e della Europa League che verrebbe usata per assoldare un esercito di contabili. Scompare quasi totalmente dal Financial Fair Play l'idea di limitare l'indebitamento. L'unica vera concessione? Un club non potrà più avere debiti verso i suoi azionisti e quindi l'Abramovich di turno dovrà sottoscrivere un aumento di capitale se vuole investire nel Chelsea (cosa che peraltro ha già fatto). Si è parlato anche di nuovi limiti al numero di giocatori sotto contratto (non più di 25 «over 21») e della possibilità di impedire ai club morosi nel pagamento degli stipendi a giocatori o dipendenti di partecipare alle competizioni europee. L'ECA canta vittoria e assicura che le proposte verranno adottate in toto dall'Uefa. Da Nyon frenano, ma l'impressione è che la voglia di rivoluzione sia un po' scemata.

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anzianoclay
view post Posted on 4/3/2010, 16:31




Platini = Don Chisciotte
 
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view post Posted on 9/3/2010, 11:58
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Ecco perché il nostro calcio adesso rischia il declino
Stretto fra il "financial fair play" voluto da Michel Platini e la crescita dei club tedeschi, il nostro calcio adesso rischia il declino. Non subito, ma fra un paio di stagioni potrebbe accadere. Ecco perché. L'Uefa ha esaminato i bilanci dei club europei e ha scoperto che il debito netto della Premier League è arrivato a quota 3,83 miliardi di euro (il Portsmouth ha chiesto addirittura l'amministrazione controllata, anche se ci sono situazioni particolari rispetto alle altre Nazioni (proprietari stranieri, club come l'Arsenal che hanno costruito il nuovo stadio ecc...). Al secondo posto in questa specialissima classifica la Spagna (con 980 milioni di debito netto), terza l'Italia con "soli" 500 milioni (quasi tutti attribuibili a Inter e Milan). Ogni Nazione ha le sue caratteristiche e le sue norme fiscali. Difficile poter fare un paragone: ma Michel Platini ha lanciato la crociata del fair play finanziario, e vuole che in futuro i club possano spendere solo quello che hanno, senza "rilanci" continui dei proprietari. A livello di principio, l'Eca (European Club Association) è d'accordo, e difatti sta collaborando con l'Uefa per la stesura delle regole. Ma non sarà per niente facile incidere sugli stipendi dei calciatori, poter ridurre il costo del lavoro che supera il 60% sui ricavi. Troppo alto, ma troppo complicato fare un passo indietro. Platini vuole che l'accordo venga certificato entro maggio dall'Esecutivo Uefa: così il nuovo regime andrebbe in vigore dalla stagione 2012-'13. I club insomma avrebbero tre anni per mettersi in regola, pena l'esclusione dalle Coppe. Non si sa davvero come fare con le squadre inglesi, ma anche alcuni club italiani di vertice (fra questi Inter, Milan, Roma e Juventus) potrebbero avere problemi. Non tali da pensare una loro esclusione dalle Coppe: ma potrebbero essere meno competitivi a livello internazionale. Potrebbe dover rinunciare ad acquistare, e stipendiare, qualche campione. Come la prenderebbero i tifosi? Un problema serio, che però viene ancora sottovalutato. Continua intanto il braccio di ferro Italia-Germania: al momento abbiamo ancora 1,7 punti di vantaggio nel ranking Uefa sulle squadre tedesche (61,9 contro 60,2). In corsa per l'Italia, quattro squadre: Milan, Inter e Fiorentina in Champions, e Juventus in Europa League. In corsa per la Germania, cinque squadre: Stoccarda e Bayern in Champions; Wolfsburg, Werder Brema e Amburgo in Europa League. Molto dipenderà dall'esito di Fiorentina-Bayern, l'unico scontro diretto. Per la stagione 2011-'12 possiamo ancora farcela e salvare quattro squadre in Champions: ma dal 2012-'13 è molto probabile che dovremo rassegnarci e scendere a tre, un grosso danno economico e d'immagine. E proprio nell'anno del financial fair play...
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I club italiani spaventati dal "Ffp"...

Si chiama Ffp, e sta per "financial fair play": è il traguardo di Michel Platini, una partita che vuole vincere a tutti i costi. "E la vincerò". Il n.1 Uefa vuole che tutti i club europei, almeno quelli che partecipano alle competizioni, abbiano bilanci in ordine. Basta con quei conti in rosso impressionanti. Basta con i proprietari che ogni anno mettono soldi di tasca loro. Il problema è stabilire norme comuni. Intanto l'Eca, European Club Association, ha ottenuto un successo: c'è più tempo per mettersi in regola e le sanzioni (che potranno arrivare sino all'esclusione delle Coppe) scatteranno solo dal 2015. Non è facile mettere sullo stesso piano il Real, che fattura 400 milioni di euro, con società (come le italiane) che arrivano a fatica alla metà, o non ci arrivano neppure. Non è facile con differenti condizioni fiscali. Si andrà ad incidere soprattutto sugli stipendi dei calciatori, ma il rischio è che il gap fra i nostri club (Inter, Milan e c.) e il resto d'Europa aumenti. Soprattutto con Spagna dove Real e Barcellona vincono aumentando i debiti, ma anche con la Premier League. Bisognerà correre ai ripari. Come? Rinunciando a qualche campione? E chi lo dirà ai tifosi? Trovando altre fonti di incassi? Certo, puntando sugli stadi. Nuovi, più moderni, più sicuri. E proprietà dei club.
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view post Posted on 9/3/2010, 16:52
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Lazio, i guai non finiscono mai: aperta inchiesta

I guai sembrano non finire mai in casa Lazio. Se non bastasse la stagione negativa, con la minaccia Serie B alle porte, il caos relativo alle situazioni di Ledesma e Pandev, ora arriva l'ennesima bufera in casa biancoceleste.

E' emerso da una segnalazione della Covisoc che la Procura federale ha aperto un'inchiesta su Lotito per quanto riguarda i conti dei biancocelesti. A quanto pare, ci sarebbero due voci messe a bilancio nel 2009 che violano il regolamento: una commissione da 15 milioni di euro versata dalla Lazio ad una società inglese, che mediò nella trattativa tra la Lazio e Zarate. Una cifra ritenuta spropositata dalla Covisoc, per questo motivo Palazzi ha aperto un'inchiesta per la violazione del principio statutario di corretta gestione.
Non sarebbe finita qui, perchè il Procuratore Federale ha nel mirino anche l'acquisto di Cruz. Il procedimento fu analogo, con Lotito che pare abbia versato circa 2 milioni di euro ad una società olandese.

Il problema riguarda i compensi ad una società mediatrice considerati troppo elevati rispetto a quanto messo a bilancio per l'acquisto dei calciatori, per cui si sospetta che siano ulteriori compensi per i due argentini.

Ora tocca a Palazzi fare le dovute ricerche del caso e se riscontrerà irregolarità la Lazio potrebbe avere una sanzione economica, mentre Lotito rischia una lunga squalifica.


link: http://www.fantagazzetta.com/public/artico...a-inchiesta.asp

E bravo Lotito... il moralizzatore...
 
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view post Posted on 10/3/2010, 07:10
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interessante...
malignando, secondo te mik, quei compensi di mediazione, andranno a finire nelle tasche dei giocatori o di lotito?
 
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view post Posted on 10/3/2010, 09:22
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CITAZIONE (Zeman! @ 10/3/2010, 07:10)
interessante...
malignando, secondo te mik, quei compensi di mediazione, andranno a finire nelle tasche dei giocatori o di lotito?

Non saprei, sono tante le ipotesi, ma ancor di più le stranezze.

Tanto per cominciare Cruz doveva essere a costo zero, ora spuntano fuori 2 mln (ecco l'articolo: www.fantagazzetta.com/public/artico...-qui-gratis.asp)...
Inoltre se si fa a miccino sulle centinaia di migliaia di euro quando si acquista un giocatore (e Lotito su questo è un campione), mi pare pazzesco pagare a cuor leggero 15 milioni per una non meglio specificata "commissione".
Accidenti alla "commissione"... di solito una commissione di brokeraggio su una qualsiasi compravendita è solo una piccola % del valore che viene mediato. Presupponendo (ed esagerando volutamente) che sia del 10%... Zarate quanto cazzo costa, 150 milioni ???

Di sicuro mettere 15 milioni fra i costi, consente a Lotito di abbassare il reddito e quindi di pagare meno tasse. In più, se fossero girati davvero al giocatore, per Zarate sarebbero puliti, e la società eviterebbe di sborsare tutti contributi previsti (dall'inps fino all'irpef in quanto sostituto d'imposta di Zarate).

Ancora più strano (e criminoso) versare 15 milioni da parte di una società che spalma debiti verso lo Stato in 23 anni...


Ma malignando ancor di più ti dico che un importo del genere può coprire di tutto.
Ti ricordi il polverone del Crack Italease ?
Se ne è parlato proprio in questo forum:

https://empolicalcio.forumfree.it/?t=43749653

Vedo delle analogie, e, solo per ipotesi - sia chiaro - non c'è nulla che smentisca anche una possibilità del genere...

In sostanza non so arrivare a conclusioni univoche... certe voci di bilancio generiche costituiscono una coltre di nebbia anche quando gli importi sono più piccoli, figuriamoci per 15 milioni...
 
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view post Posted on 10/3/2010, 09:44
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Mikfib ci sono cose che non sapremo mai, intrecci e giri di soldi a nero nel calcio ci sono sempre stati dagli amatori alle squadre professionistiche.
Ci vorrebbe un po di pulizia nel rispetto di tutti gli italiani (sia che siano dipendenti che imprenditori) che pagano regolarmente tasse e contributi ma non credo che lo facciamo perchè sono troppi gli interessi di palazzo per tenere le cose come stanno.
 
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59 replies since 1/3/2010, 20:02   5009 views
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