| STORIE DI UN ALTRO CALCIO L’Igea chiude e lui dorme in auto di Ettore Intorcia ROMA - Dici Barcellona e pensi: ramblas, il mare, il Barça, le magie di Messi e il calcio degli stipendi da sei zeri. Però dall’altra parte del Mediterraneo c’è un’altra Barcellona, Pozzo di Gotto, trentanove chilometri a ovest di Messina, niente ramblas ma il mare sì, per riempirsi gli occhi d’azzurro e sognare scrutando l’orizzonte. C’era una volta il calcio, a Barcellona: niente blaugrana ma il giallo e il rosso dell’Igea Virtus, scelti dal marchese D’Alcontres. Origini nobili per una squadra nata nel ‘46, insieme alla Repubblica. C’era una volta il calcio. Già, perché nel bel mezzo di una stagione nata male, la nuova proprietà ha deciso di chiudere i battenti: tutti a casa e tanti saluti al calcio professionistico. Il canto del cigno due domeniche fa, in casa: giallorossi travolti tre a uno dal Manfredonia, squadra a testa bassa negli spogliatoi e il martedì, alla ripresa degli allenamenti, la brutta sorpresa. Non c’è più un futuro, perché senza scendere in campo contro l’Aversa ieri è arrivato lo 0-3 a tavolino - la retrocessione in D diventa una certezza e lo svincolo d’ufficio una conseguenza inevitabile, dal 30 giugno tutti senza squadra. Senza tecnico, senza allenamenti, senza calendario, senza futuro. E senza stipendi: a quello, però, i ragazzi dell’Igea si erano abituati. Tanto da finire a dormire per strada. Dimenticate il calcio oro e lustrini della Serie A. L’altra faccia del pallone è una Lega Pro sempre più in affanno: quegli asterischi sulle classifiche, uno, due, tre punti di penalizzazione, sono le tappe di una via crucis che si snoda lungo lo Stivale. Ogni scadenza è un affanno, ogni controllo della Covisoc un brivido lungo la schiena, ogni deferimento alla Disciplinare un passo indietro in classifica. Ci sono squadre che pagano sistematicamente in ritardo, oltre i novanta giorni, come ha sottolineato il presidente dell’Assocalciatori, Campana. Altre che all’improvviso non pagano più e chiudono i battenti. Provate a scorrere la rosa dell’Igea Virtus. Qualche giocatore con una certa esperienza, ma anche molti giovani alle prime armi, quasi tutti al minimo contrattuale o addirittura con l’addestramento tecnico. Per capirci: chi è al minimo porta a casa - quando il club paga 1.087,49 euro al netto di tasse e contributi, chi ha l’addestramento tecnico un paio di centinaia di euro in meno. E poi ci sono vitto e alloggio: quando i soldi sono pochi, quelle spese si cerca di metterle a carico del club. Quando l’Igea ha deciso di finirla lì con il calcio, mezza squadra s’è ritrovata in mezzo a una strada. Nel vero senso della parola: senza un club che saldasse i conti, niente più residence e niente più ristorante. Un colpo basso che ha colpito i più giovani e i più deboli della rosa. « Non fateci raccontare questa storia, lasciamo tranquilli i giovani, ci penserà l’Assocalciatori », fa sapere il capitano Gianluca Procopio. La squadra si è arrangiata come ha potuto. Qualcuno si è fatto ospitare dai compagni sposati, quelli sistemati, con una casa in affitto, un posto in più a tavola e almeno un divano letto da offrire. Altri si sono rifugiati nel più economico dei bed&breakfast, 20 euro a notte, con la settimana da pagare in anticipo e i soldi prestati dai senatori del gruppo. E uno di loro, prima di trovare un tetto, ha passato una notte in macchina. E’ uno dei ragazzi con in tasca un contrattino da praticante calciatore, e i sedili erano quelli di un’utilitaria, mica una sportiva da settantamila euro. « Non fatelo parlare », cerca di proteggerlo il gruppo. Vado a giocare tra i professionisti, lì c’è il mare, calcio, un po’ di soldi e qualche bella ragazza, avrà raccontato ai suoi amici. E ora vaglielo a spiegare che il sogno è svanito a un’alba vista spuntare da un parabrezza. corriere dello sport
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